Dedicato a Gabriele
Guardavo
alcune vecchie foto in b/n, belle da far paura e così cariche di
poesia , con quelle curve così dinamicamente vive e ribollenti
di tifo, bandieroni e fumoni riempiono l’aria, striscioni chilometrici
avvolgono le balaustre mentre centinaia di sciarpe vengono innalzate al
cielo come un segno propiziatorio in grado di condurre alla vittoria.
Le nostre care e vetuste curve, niente come il b/n rende meglio l’idea di ciò che sono state e quello che hanno rappresentato per noi vecchi ULTRAS, le guardavo quelle foto senza pensare che in realtà (soprattutto una come un segno del destino) volevano comunicarmi qualcosa, le rigiravo tra le mani e mi sforzavo di capire, fino a quando mi si è accesa la lampadina.
Allora ho capito cosa voleva dire quella storica foto della storica Nord, in un attimo ho pensato al prossimo derby e subito dopo mi è venuto in mente Gabriele, non chiedetemi perché tutto questo visto che le dinamiche della mente sfuggono anche ad illustri studiosi della materia, molto più illustri e molto più studiosi del sottoscritto; così senza farmi troppe domande ho messo meglio a fuoco la situazione e d’istinto mi son detto che era arrivato il momento giusto per affrontare un argomento triste e delicato, un argomento che fino a questo momento per scelta avevo voluto evitare, non di certo per paura ma quasi per una forma di estremo rispetto per la famiglia.
Ancora non soddisfatto ho pensato che mi sarebbe piaciuto scrivere qualcosa su Gabriele pur non conoscendolo insieme a qualcuno che invece Gabriele lo conosceva molto bene, avevo in mente la persona ma non potevo sapere cosa mi avrebbe risposto, un ULTRAS dai valori antichi, amico intelligente e laziale doc ma proprio per questo molto coinvolto emotivamente quindi…
Invece la sua risposta è stata affermativa, probabilmente la mia idea lo ha sorpreso perché mai si sarebbe aspettato una simile cosa, ad ogni modo detto e fatto, ora stiamo qui seduti, la birreria Excalibur si sta vuotando così io e Gianluca possiamo finalmente dedicarci al derby, oppure a Gabriele o meglio, anzi peggio ancora a questo derby senza Gabriele.
Dice
Gianluca : “…manca meno di un mese a quello che da sempre
ha rappresentato l’appuntamento principale e mi sto accorgendo che
i ragazzi che abitualmente frequentano il pub e che normalmente parlano
dell’attesa del derby stavolta sembrano meno coinvolti ed i loro
discorsi completamente cambiati, come se all’improvviso fosse venuto
meno l’entusiasmo e la gioia, sembra mancare la voglia di parlare
di una partita, anzi della partita che per la prima volta non vedrà
presente Gabriele.
E’ cambiato anche l’approccio al derby, come se si fosse attenuata l’acredine che prima invece regnava sovrana, tanto è inutile stare qui a raccontare storielle, la normalità dei pre derby viveva di discorsi ben diversi, incentrati di certo non sul volemose bene (da una parte e dall’altra come è sempre stato aggiunge Stefano) ma su altri contenuti ben diversi, invece dall’assassinio di Gabriele, dai suoi funerali e da tutto quello che ne è scaturito qualcosa non è più come prima, quel giorno ha avvicinato due mondi che prima marciavano paralleli senza sfiorarsi e quando questo capitava erano dolori.
Con ciò non voglio certo dire che tutto sia cambiato perché non sarebbe possibile e neanche bello a livello di tifo, magari in una città come la nostra può capitare che qualcuno in… confusione da entrambi le parti dia fiato alle trombe, ma è un fatto comunque che da quel giorno per molti sia scattato qualcosa”.
Aggiunge
Stefano “Quello che per tanti è scattato con Gabriele, per
il sottoscritto è avvenuto tantissimi anni fa, quando mi sono reso
conto che durante una fase diciamo accesa di un vecchio derby ho corso
il serio rischio di far male ad ottimo amico, un bel curvarolo del quale
mi onoro di avere l’amicizia, in quel momento tra urla e razzi ho
pensato che una persona cara vale molto di più del pallone e che
non potrei mai essere io la causa del suo male, così ho mollato…
l’osso ed ho sempre cercato di evitare, detto ciò però
non ho mollato certo il derby, l’antagonismo, l’allergia per
quei colori che è pari alla loro per i nostri, questo è
il derby, non voglio la finta sportività che sappiamo bene non
esiste, non li voglio i falsi discorsi che sono i degni figli della falsità
che ogni giorno ci investe (come ci insegna la morte di Gabriele vero?),
io mi ritengo un ULTRAS, magari antico, ma ULTRAS, ciò vuol dire
che per me il derby sarà sempre il derby e la Lazio sarà
sempre la Lazio e così deve essere dall’altra sponda, ci
deve stare la lotta che tiene in piedi le nostre discussioni ma ragazzi
oltre a questo teniamo bene a mente che dopo il divertimento ci sono le
cose importanti, quelle che non vanno mai dimenticate, prima fra tutte
la considerazione perché dall’altra parte della barricata
ci sono ragazzi (una volta…) come me e che, come me, vivono l’avventura
ULTRAS nel pieno rispetto delle regole e dell’amicizia, per qualcuno
saranno valori superati ma a noi piace così e così deve
essere.
Riprende Gianluca “Con la morte del nostro amico Gabriele ci siamo resi tutti quanti conto che la violenza non paga e che invece solo con il dialogo si possono conoscere persone che in altri tempi sarebbero state considerate dei “nemici“, lo so, è una parola grave che sembra parlare di guerra ma è così, certo che è molto meglio discutere di fede calcistica e di vera mentalità quindi mi sembra più giusto parlare della lazialità di Gabriele, era davvero indiscutibile e lo dimostra il fatto che stava andando a Milano per una partita dall’esito scontato dopo una notte di lavoro solo per la fedeltà ai colori, un grande tifoso ma anche una grande persona nella vita con quel suo carattere così solare, allegro, abituato a stare in mezzo alla gente, dal naturale carisma e dal sorriso sincero.
Era
un amico vero che riempiva le nostre giornate, persino la sera quando
si usciva oppure quando passava al pub, con il suo piatto forte che era
la musica e i cd sempre pronti per ogni evenienza che lui chiamava “grappa
e vinci“, una scelta musicale che rispecchiava in pieno il carattere
goliardico della comitiva, oggi quei cd vengono conservati come delle
reliquie.
Ritornando a questo strano derby non avrei mai pensato che la mia ventennale amicizia con Stefano mi avrebbe portato a dover affrontare proprio con lui un fatto così incredibile, ripenso ancora a quel sabato sera, Gabriele è al pub e sta per andare al lavoro, le solite battute allegre nonostante l’ora tarda e l’arrivederci a domenica in serata, quando di ritorno da Milano la macchina coi 5 amici si sarebbe ritrovata in piazza… poi arriva la domenica mattina, mi sveglio tardi per la nottata lavorativa e ancora ignaro accendo il telefonino, succede però qualcosa di strano, mi ritrovo tante chiamate di amici che nell’ultima ora hanno cercato disperatamente di rintracciarmi, non so perché ma ho la netta sensazione che qualcosa sia accaduto sul serio, passano altri 10 minuti e la verità mi investe in pieno, andando ben oltre ogni immaginazione, il mio amico Gabriele è stato assassinato da un colpo di pistola mentre stava andando a Milano !!!!
Come ucciso? Da chi e perché ?
Ora
è inutile stare a descrivere il dopo, il susseguirsi delle notizie
che raccoglievamo, diverse, molto diverse da quelle che in quei frangenti
le autorità rilasciavano nello squallido e vano tentativo di coprire
la verità, intanto il dolore e la rabbia crescevano in egual misura
per noi, per gli amici che stavano in macchina con lui e per tutti quelli
sparsi ovunque, per i genitori e per il fratello.
Stefano a questo vuole aggiungere qualcosa: “… il mio 11 novembre era iniziato nel solito modo poi in mattinata ricevo la telefonata seria di un amico, il quale mi chiede se sapevo degli incidenti tra laziali e juventini nell’area di sosta, c’era scappato pure il morto, due pullman, la rissa, forse una coltellata, naturalmente ci resto di sasso e restiamo che ci si aggiorna quanto prima. A quel punto inizio anch’io a muovermi tra internet e telefonate varie ed il quadro che riesco a farmi dopo un pò non somiglia affatto a quello che ho sentito fino a quel momento, si, è vero, c’è stata una rissa tra i componenti di alcune macchine (maledizione), ma roba di poco conto e finita subito (ancora maledizione) e comunque nessuna coltellata bensì colpi di pistola…, il morto dicono era conosciuto alle forze dell’ordine, pistole, area di sosta, e che sarà successo?
La storia si fa seria, già vedo le prime immagini in tv, sangue ovunque e grill devastato, i soliti teppisti diranno i soliti tromboni e poi quel ragazzo ucciso, sarà pure recidivo ma è giovanissimo, e che diamine !
Poi però arrivano le prime dichiarazioni ufficiali e in quel momento ho chiara la sensazione della bugia vera, non sono nato ieri ed oramai riesco a captare quando l’autorità cerca di raccontare palle, la conferma arriva nelle fasi successive quando si cambia in continuazione la dinamica dei fatti, quando si racconta di tutto tranne che avere il coraggio di confessare la verità, che a sparare è stato un poliziotto e che lo stesso lo ha fatto dall’area di sosta nella carreggiata opposta….
Io
non posso crederci, il poliziotto ha sparato con l’autostrada in
mezzo e la reale possibilità di poter colpire delle vetture in
transito, ha sparato in diagonale, con quella macchina lontana che si
muove, quando quella breve rissa è finita e soprattutto senza sapere
in realtà cosa sia accaduto, ecco il punto che mi ha sconvolto,
l’aver cercato fino all’ultimo di nascondere la verità
e dover ammettere l’accaduto soltanto perché oramai era impossibile
reggere la pressione della gente che voleva sapere cosa era successo veramente
.
Ancora oggi non riesco a darmi pace (immagino cosa sia per la famiglia…) sul perché delle falsità, sui tentativi di coprire il poliziotto che molto eroicamente ha sparato ad una macchina distante… anni luce, questo è certamente l’aspetto che più crea disagi a tutti e che ha contribuito ad allargare il fossato tra le istituzioni e tanti giovani e meno giovani .
Oggi tutti si chiedono il perché di questa situazione ma la risposta è davanti agli occhi di tutti ma non la si vuole leggere, se uno stato veramente civile vuole essere credibile e rispettato deve essere severo con tutti, la regola di chi sbaglia paga è giusta e non fa una grinza, l’ultras che accoltella, distrugge o uccide non deve essere diverso dal poliziotto che spara attraverso l’autostrada su una macchina e centra un ragazzo seduto di dietro, se è vero (ma non è poi tanto vero) che la giustizia è uguale per tutti che questo solenne proposito venga messo in pratica e poi vediamo se manca la fiducia e la credibilità….
Riprende
la parola Gianluca per concludere “…poi arriviamo inevitabilmente
al presente, al motivo di questo incontro con Stefano, all’approssimarsi
del derby, il primo senza “gabbo“ e per questo diverso, tutti
noi sappiamo che mancherà qualcosa all’Olimpico, avvertiremo
un profondo disagio quando guardandoci intorno non vedremo quel sorriso,
quella sua sicurezza, la sua lazialità .
Quello che invece troveremo di nuovo sarà la consapevolezza, al di là di quello che potrebbe comunque capitare ma che spero non avvenga anche per il rispetto verso la famiglia di Gabriele, di aver scoperto che dall’altra parte ci sono ragazzi che come noi vivono, amano e soffrono per quei colori del cuore senza distinzione alcuna .
Volevo approfittare di questo spazio per ringraziare in maniera sincera e sentita tutti gli ULTRAS e non, che hanno manifestato coi fatti e non con le chiacchiere solidarietà e sensibilità di fronte all’assassinio di Gabriele, dimostrando così che i valori vengono prime dei colori .
Gianluca
Curzi
Stefano Malfatti
Mai più 11 Novembre 2007, nel nome di Gabbo
MOVIMENTO D'OPINIONE. Ho passato con la famiglia Sandri 9 mesi in giro per l’Italia a presentare il mio ultimo libro, con l’intento di raccontare i fatti di quella maledetta domenica in cui venne tolta la vita al giovane Gabbo. Oltre 20 tappe itineranti, dal Nord al Sud. Qualcosa come 6.000 persone incontrate. Ovunque sgomento e la stessa domanda: perché morire sparati sull’Autostrada del Sole? E noi li a fornire cronaca, elementi di riflessione. Cosa videro i 5 testi oculari, il folle sparo di un agente della Polizia che da 70 metri puntò un auto in movimento. E poi gli inevitabili stereotipi da sfatare: la violenza nel calcio e lo scorribandismo che con questa morte non c’entrano nulla. E in fila altri tasselli: un’informazione omissiva, il corto circuito giovanile, le istituzioni ammutolite nel gestire la comunicazione di crisi. Insomma, le 24 ore dell’11 Novembre 2007. Il libro come strumento di verità, di crescita culturale, senza fazionismi né tesi precostituite. Tutto alla luce del sole. Parallelamente alle udienze nel tribunale di Arezzo. Verità chiama giustizia.
SENTENZA COLPOSA. Infine la sentenza della Corte d’Assise ad un anno e 8 mesi dal primo giorno di dolore di Daniela, Giorgio e Cristiano Sandri. Ci si aspettava un responso giusto. La richiedevano un po’ tutti, in nome del popolo sovrano. Anche Amnesty International, lamentando per il delitto dell’A1 la violazione dei diritti fondamentali dell’uomo. Invece c’è toccato un verdetto che definire mite è generosamente poco. Ortopedia giuridica, il capello spaccato in quattro. Certo, attendiamo la lettura delle motivazioni della corte, la cui pronuncia va sempre rispettata. Ma è lecito non condividerla e discuterla civilmente quando un caso di omicidio volontario con dolo eventuale dopo 8 ore di camera di consiglio viene licenziato per omicidio con colpa cosciente. Naturalmente s’è indignata la famiglia Sandri (“Avrebbero dovuto vedere mio fratello in camera mortuaria….”, dice Cristiano lacrime agli occhi) e con loro l’opinione pubblica che si è spaccata (“La divisa ha pagato”, ripete l’amico di Gabbo Lorenzo De Silvestri).
SOFFIARE SUL FUOCO. Ma dal 14 Luglio 2009 si è rispolverato anche il desueto cliché che si credeva in naftalina dall’11 Novembre 2007. Il solito triangolo è rispuntato fuori. Puntuale. Disegnato con la stessa sequenza di attori: Stato/Polizia, ultrà e grancassa mediatica. Uno, due e tre. Muro contro muro, ancora tutti contro. “Gli ultras gridano vendetta”, titolava La Repubblica, “i demoni sono di nuovo tra noi”, lanciandosi in uno spericolato pezzo di allarmismo preventivo, tanto per non rimanere indietro coi tempi. “Le curve pronte a esplodere alla ripresa del campionato”, Il Corriere della Sera in futuristiche previsioni di guerriglia curvarola a 30 giorni di distanza dal fischio d’inizio. Il Messaggero con l’annuncio di inasprimenti per i violenti del tifo, con tanto di foto di Gabriele in prima pagina. Ma come? Ci risiamo? Ci si è ricascati un’altra volta? Cosa c’entra rielaborare l’abbinamento “Sandri-violenza degli ultrà”? A chi giova ridelimitarne le palizzate? Sembra come se si voglia ostinatamente soffiare sotto le ceneri dei deprecabili assalti alle caserme di quella giornata buia che tutti ricordiamo con sdegno, quasi a voler riattizzare in modo indotto chissà quale scintilla altamente ignifuga. Fino a prova contraria, in tutta la penisola c’è stato solo un nuovo (dico 1) increscioso episodio reazionario, oltretutto scollegato alla sentenza. Colpa di una decina di unità impazzite che hanno agito nell’oscurità della notte romana in una città di oltre 3 milioni di abitanti.
LASCIAMOLO IN PACE. Ecco allora la domanda regina: perché etichettare così l’omicidio Sandri e l’imbarazzo per una sentenza discutibile anche al dire di giuristi, specialisti e consulenti di diritto? Se si vuole che non ci sia mai più un nuovo 11 Novembre 2007, c’è bisogno di un passo in avanti di tutte le componenti, con coscienza e responsabilità: in primis dallo Stato, che in Appello sarà chiamato ad esprimersi fugando inopportuni ed imbarazzanti coni d’ombra che intrecciano sin dall’inizio questa triste vicenda. A seguire i mezzi di comunicazione, che piuttosto che prendere derive sensazionalistiche, una volta per tutte possono unire deontologicamente cronaca e informazione alla critica sensata. Non certo per ultimo, a completare il triangolo quelli che forse in pochi se ne sono accorti: un passo avanti l’hanno già fatto i giovani delle curve. Con cori e striscioni chiedono ininterrottamente giustizia, non vendetta, per un ragazzo come loro che non c’è più (“Uno di noi”, gridano). Serve un passo avanti di tutti per lasciare in pace il povero Gabriele Sandri, vittima di un meccanismo più grande di un disc jochey cittadino della nostra Repubblica.
Maurizio Martucci
Vinciamo anche per Gabriele
Sapevo che la storia stava prendendo una brutta piega, del resto non è che ci volesse molto a capirlo visto che certe situazioni accadute di recente hanno riaperto, e anche di brutto, rancori mai sopiti.
Roma, Lazio, come potrebbe essere diverso?
Siamo cresciuti con questo stato di cose (che abbiamo accettato e alimentato e non vogliamo neanche che cambi perché tanto sarebbe solo della sana ipocrisia), ma credevo che alcune nuove situazioni, compresa quella drammatica legata alla morte di Gabriele, venutesi a creare negli ultimi tempi avessero, almeno stemperato (non pretendo e non voglio nulla di più) quello che, sappiamo tutti molto bene ovviamente, non potrà mai diversificarsi.
Per ultima appunto la triste vicenda di Gabriele, la sua scomparsa che ha colpito tutta la città e che era riuscita (almeno così sembrava) a fare un corpo unico, vista la totale partecipazione della componente romanista in tutte le fasi ed a tutti i livelli, e portata avanti perché realmente sentita e non di certo per altri motivi.
Lo scorso anno poi la presenza al derby del papà Giorgio nella roccaforte giallorossa, sommerso da innumerevoli testimonianze di solidarietà ed affetto, senza tralasciare poi il bellissimo coro “Gabriele uno di noi” cantato ogni domenica in curva Sud, che ha rappresentato il modo migliore di onorare la sua memoria.
Una grande partecipazione che alla fine però, evidentemente, ha iniziato a dare una sensazione errata all’inquilino della porta accanto, per qualcuno forse è diventato come un fatto normale, anzi fin troppo normale, tanto che a molti di noi ha fatto nascere il sospetto di essere stato recepito e prontamente archiviato non per quello che è in realtà, ma come una anomala ed ambigua sorta di “vassallaggio”, dove a quanto pare (sempre per qualcuno) tutto è dovuto.
A dire il vero anch’io mi sono chiesto in più di un’occasione se in realtà la cosa da parte nostra forse stesse assumendo dei contorni psicologicamente strani, come per esempio la netta sensazione che Gabriele fosse diventato a tutti gli effetti uno dei nostri, anzi il nostro e basta, e non nascondo che questo ha iniziato ad essere anche il pensiero di altri amici di stadio, più o meno giovani, tutti in grado comunque di dare risposte precise a domande precise.
Non ti pare che la cosa stia sfuggendo di mano?
Ma come, sembriamo noi al posto loro, Gabriele sembra essere diventato un romanista, ma non ricordo nulla di simile manifestato da loro in memoria, per esempio, di Antonio De Falchi.
In tutta franchezza i “cugini”, al posto nostro, cosa avrebbero fatto?
Si sarebbero comportati esattamente allo stesso modo?
Qualcuno giustamente ha iniziato a dubitarne, anche perché se vogliamo dirla tutta, alla faccia di tanta partecipazione “riconosciuta ed apprezzata”, ai derby siamo ritornati ad uno stato di guerra assoluto, e pure per il resto mica si scherza
Non voleva infatti certo scherzare l’infame che per un pelo non ha sgozzato quel ragazzo al’ultimo derby, cosa abbia usato non lo so ma credo che abbia fatto intendere molto bene che a lui poco interessa di drammi, di funerali, di famiglie distrutte dal dolore, persino di Gabriele, lui voleva far scorrere il sangue, quello vero e basta.
Evidentemente c’è morte e morte!
Per qualcuno esiste un distinguo tra quella causata da una pistolettata ufficiale e quella volutamente procurata durante agguati vigliacchi allo stadio approfittando del buio, per la prima situazione siamo colpiti tutti quanti e tutti quanti insieme, a braccetto, manifestiamo dolore e rabbia contro la violenza dello Stato, per la seconda invece gli scenari cambiano e, guarda caso, ci si trova da soli osservando con stupore che a causare il danno sono gli stessi con i quali hai condiviso dolore e rabbia per la morte del loro Gabriele, diventato immediatamente anche il nostro.
In effetti tali osservazioni sono state abbastanza pertinenti e di risposte da dare non è che ne avessi molte, ho cercato di trovare qualche appiglio ma con scarsi risultati, poi si è arrivati alla finale di Coppa Italia e in quella occasione ho capito, mio malgrado, che le risposte le avevo davanti agli occhi ma era come se non lo vedessi.
Nell’assoluta mancanza di rispetto verso un morto e la sua famiglia qualcuno (che poi magari alle messe te lo trovi affianco e con la mano sulla spalla ti fa pure il discorso sulla vera mentalità…) ha fatto intendere, senza troppi giri di parole, che tutto quello che è stato fatto e detto fino a quel momento non corrisponde alla realtà.
Chi ha esposto nel settore ospiti lo striscione che recitava “vinciamo anche per Gabriele” ha dichiarato senza mezzi termini che quel morto non è vero che sia di tutti, è di una parte ben precisa che, al momento giusto, lo ha utilizzato indegnamente per motivazioni che dovevano restare lontano dalla passione sportiva.
A me personalmente ha fatto pensare che, probabilmente, fino ad oggi abbiamo parlato al vento e che si sia giocato sporco sul nostro modo, vero o se preferite diverso, di vedere le cose e affrontarle nella giusta maniera.
Roma, Lazio, come abbiamo visto differenze abissali, loro le intendono come un discorso di élite, dovuto tra l’altro a chissà che cosa, alla fine si va sempre a parare sulla fondazione, sono nato prima io, brutto romanista, ho portato il calcio nella capitale (!) e quindi sono per forza migliore di te.
Temo però che questa sia solo una sciocca e puerile scusa, una sorta di arrampicarsi sugli specchi, la partita non si gioca su essere o non essere nati prima, vuoi come società podistica oppure dalla fusione di tre squadre, stavolta la posta è diversa e più importante.
Si tratta del modo di essere, del rispetto delle regole e dell’onorare certe situazioni, al di sopra di tutto e di tutti, e proprio perché non è facile rappresenterebbe, in caso di buon fine, una grande dimostrazione di carattere.
Gabriele uno di noi?
Beh, arrivati a questo punto dovreste dircelo voi!
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